Grazie ad Internet tutti noi ci sentiamo parte di qualcosa di più grande. E di fatto lo diventiamo. Possiamo connetterci ed acquisire informazioni praticamente su ogni cosa, in merito a qualsiasi argomento. Ma possiamo anche lasciare tracce del nostro passaggio un po’ dappertutto. Quando navighiamo con i nostri browser, anche se al riparo delle nostre mura domestiche oppure in disparte e lontano da occhi indiscreti con i nostri smartphone, dovremmo comunque immaginare di lasciare tracce per il fatto stesso di aver visitato una pagina web o di aver cliccato su un link.
Riprendendo l’analogia della crociera in barca a vela, cosa accade dopo un attracco? Dopo che noi e i nostri compagni di viaggio, andati a zonzo felici in esplorazione della nuova città, siamo tornati a bordo per riprendere il nostro viaggio? Anche supponendo che nessun’altro sia salito a bordo, quanto trasportato dalla nostra barca sarà certamente cambiato. Alcuni passeggeri saranno infatti tornati a bordo con un souvenir.
Come skipper noi certo non possiamo né vogliamo impedire ai nostri passeggeri di portare con sè degli oggetti come ricordo, ma presumibilmente faremmo bene a controllare che non vengano portati a bordo oggetti che violano la legge, come armi o droghe. Questi souvenir portati a bordo corrispondono ai cookies (dolcetti) che i siti web inviano nella memoria (cache) del browser allorché visitiamole pagine web.
I cookies di per sé non sono cattivi.
Alcuni di essi servono ad esempio ad indicarci tramite un colore diverso quali sono i link di una pagina che abbiamo già seguito, aiutandoci così a non ripetere navigazioni già fatte; oppure, al contrario, a ripetere una navigazione che ci ha portato a scoprire delle cose molto interessanti. Altri ci permettono di avere della pubblicità o delle ricerche che in qualche modo risentono delle nostre navigazioni precedenti. Altri ancora sono delle specie di indicatori (tracker) che possono servire a tracciare i nostri comportamenti sul web, al fine di effettuare statistiche precise su quali sono le nostre abitudini ed nostri gusti.
Anche i tracker di per sé non sono cattivi. Se, ad esempio, sono finalizzati ad aiutarci nella scelta di un nuovo vestito o della prossima destinazione di viaggio perché ritenerli ostili?
Anche quello splendido esemplare di piccolo di coccodrillo, acquistato durante uno scalo in Egitto da un padre per suo figlio con la promessa che sarà accudito e fatto crescere nel migliore dei modi possibili, perché noi come skipper della nostra barca-browser dovremmo evitare che salga a bordo?
Il fatto è che, come ci aiuta a ragionare la Cybersecurity, decisioni che a prima vista sembrano buone possono rivelarsi cattive in determinate circostanze o ad una analisi più attenta. Oltre ad aver tolto dal suo habitat un individuo di una specie a rischio di estinzione, il coccodrillo una volta adulto diventa pericoloso, molto costoso da accudire e decisamente poco prudente da tenere in casa…
Un tracker non è un coccodrillo, ma per qualche tracker indesiderato qualcuno si è trovato e si troverà ad affrontare situazioni imbarazzanti se non addirittura pericolose. Non ci credete? Allora leggete l’incredibile vicenda che ha avuto come protagonisti un uomo, sua figlia minorenne e la grossa catena americana di supermercati Target
[http://www.nytimes.com/2012/02/19/magazine/shopping-habits.html?_r=1&hp=&pagewanted=all ]
GHOSTERY è una estensione del browser per individuare e bloccare tecnologie per il tracciamento durante le nostre navigazioni web, aumentando in tal modo anche la fluidità della nostre navigazione. GHOSTERY inoltre ci offre la possibilità di sapere quali società ci tracciano e di selezionare da quali di esse vogliamo accettare questa tipologia di trattamento dati e da quali no. Vediamo come installarlo qui.